La vicenda riguarda un neonato gravemente danneggiato alla nascita a cagione di condotte sanitarie negligenti.
Il medico ospedaliero, infatti, dopo il ricovero della madre per perdite ematiche, ha scelto di eseguire prematuramente un taglio cesareo senza considerare che esistesse il rischio che il feto, prematuro, andasse incontro a distress respiratorio.
In materia di responsabilità medica, e sanitaria in generale, una delle prime difese che ci vediamo opporre, alle legittime ragioni risarcitorie che sosteniamo per i malcapitati pazienti, fa riferimento alla circostanza che i sanitari avrebbero osservato, nella loro condotta, le cosiddette “linee guida”.
Ma questa argomentazione/giudiziaria, come sosteniamo da anni, non esime da responsabilità.
Ricorrente è la casistica di gravissimi danni per malasanità.
L’associazione, che ha impostazione multidisciplinare, da decenni opera ormai a tutela delle ragioni di risarcimento a favore di coloro che abbiano subito gravi danni in conseguenza di errore medico.
A volte, per attingere le erogazioni economiche previste a favore della vittime di trasfusioni di sangue infetto, capita (ma non dovrebbe) che manchi la prova documentale delle praticate emotrasfusioni giacché le strutture sanitarie, depositarie, non “rinvengono” le relative cartelle cliniche.
Come noto, la cartella clinica, in caso di danno derivante da attività medica, assume un ruolo determinante in quanto essa è il diario quotidiano sullo stato di salute del paziente e delle terapie somministrate, comprese le emotrasfusioni.