Con recente sentenza la Corte Costituzionale ha dichiarato la illegittimità costituzionale della norma della Legge 210/1992 che faceva decorrere il termine triennale di decadenza, per chiedere l’indennizzo a favore di soggetti danneggiati da vaccinazioni, da quando l’avente diritto aveva conoscenza del “danno”.

E secondo l’interpretazione sinora imperante, il vaccinato doveva chiedere l’indennizzo entro tre anni dalla conoscenza del “danno”, inteso quale malattia collegata al vaccino.

Ma la vittima, in realtà, anche se raggiungeva la consapevolezza del “danno”, poteva non conoscere subito che quel danno fosse indennizzabile e, quindi, rinviare la richiesta d’indennizzo a questa successiva consapevolezza (a volte sopravveniente dopo anni) perdendo così di fatto il diritto di chiedere l’indennizzo, per tardività.

Con la recentissima sentenza della Corte, invece, si è tenuto conto dei tempi necessari per tale consapevolezza/conoscenza; e si è precisato che tali tempi non possono far decorrere il termine dei tre anni entro cui chiedere il relativo diritto.

Diversamente si finirebbe per vanificare il diritto dell’interessato, che invece risulta garantito dai principi costituzionali di solidarietà sociale e tutela della salute.

Il danno vaccinale, infatti, costituisce un pregiudizio individuale sofferto nell’interesse della collettività. E, dunque, lo Stato deve farsene carico.

Ciò vale anche per la vaccinazione Anti-Covid.

Infatti, come già esposto, abbiamo già sostenuto sin da subito che la vaccinazione Anti-Covid (anche se solo “raccomandata” per la maggior parte delle persone), qualora provochi danni alle persone sottopostivi, conferisce loro il diritto ad essere indennizzati.

E nel recente passato la stessa Corte Costituzionale, con diverse sentenze, ha sancito che rientrano nei casi di indennizzabilità di cui alla Legge 210/1992, oltreché le vaccinazioni obbligatorie per legge, anche quelle fortemente “raccomandate”, tra le quali figura la vaccinazione Anti-Covid.